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Francisco Goya

Goya spagna

Il grande Francisco Goya

Nato in un piccolo villaggio aragonese e quarto di sei fratelli, Francisco Goya potè sin da piccolo frequentare l’ambiente artistico e nobile della Spagna del 1700. Il padre, nonostante sia notaio di professione, ama l’arte della doratura, e divenuto un abile maestro doratore acquista un laboratorio che diventerà molto conosciuto, mentre la famiglia materna faceva parte della piccola borghesia dell’epoca.

Qualche anno dopo la nascita di Francisco il padre decide di dedicarsi esclusivamente all’arte, e la famiglia si trasferisce a Saragozza in cerca di migliori commissioni. Qui la famiglia incontra e conosce diversi artisti che ispireranno il giovane Francisco, tra cui il pittore Josè Luzàn che lo prende come allievo nel proprio laboratorio, e da cui imparerà la tecnica e l’arte del disegno.

Incoraggiato dai propri progressi in campo artistico Francisco si trasferisce a Madrid, dove nel 1763 si iscrive al concorso indetto dall‘Accademia di Belle Arti per l’assegnazione di una borsa di studio. L’esperienza non è positiva per il giovane Goya, che chiede aiuto all’amico Francisco Bayeu (conosciuto nel laboratorio di Luzàn e divenuto ormai pittore di corte) per migliorare le proprie tecniche in previsione del successivo concorso. Bayeu accetta, e Francisco Goya diviene apprendista pittore. Il concorso dell’Accademia per l’assegnazione di una nuova borsa di studio si fa attendere però circa tre anni, e nel 1766 Goya ci riprova, ancora però senza successo.

Deluso ed amareggiato il giovane artista decide di immergersi nella cultura classica e rinascimentale, ed organizza un lungo viaggio in Italia per studiare i Maestri della pittura, e questo gli infonde una nuova positività, tanto da convincerlo a riprovare a partecipare ad un concorso, a Parma nel 1771, dove conquista il secondo posto.  Per il giovane Goya è un’affermazione del suo talento, e rinfrancato dall’esperienza in Italia torna a Saragozza, dove il suo successo l’ha preceduto e dove lo attende la sua prima commissione ufficiale: le decorazioni della cappella di “Nuestra Senora del Pilar”.

La pittura religiosa diventa fonte di grande ispirazione e nei successivi tre anni Goya vi si dedica con fervore, dipingendo moltissime tele. Nel 1775, dopo aver sposato la sorella dell’amico Bayeu, Goya si trasferisce a Madrid dove, grazie all’appoggio del cognato, entra a lavorare nella “Real Fabrica de Tapices de santa Barbara” – dove si realizzano gli arazzi per i palazzi reali. Il suo primo incarico infatti è quello di realizzare nove disegni per la creazione di altrettanti arazzi destinati alla tenuta di caccia del re Carlo III°, sport amatissimo dal sovrano, che deve essere fedelmente riportato negli arazzi. Il sovrano rimane particolarmente impressionato dalle capacità di questo giovane artista e gli commissiona una ulteriore serie di disegni destinati alla preparazione degli arazzi che decoreranno la sala da pranzo del Principe delle Asturie (Carlo IV°).

Sono questi i disegni che faranno di Goya un noto artista: è in questi infatti che introduce per la prima volta i personaggi di “majo e maja”, di grande importanza per le classi popolari di Madrid, per cui essi rappresentano la fugacità della giovinezza e della felicità dell’uomo.

Nel 1778 Goya realizza quello che sarà il suo più grande progetto per arazzi: il disegno chiamato “Il chitarrista cieco”, che data la grandezza e la quantità di personaggi presenti, viene rifiutato in un primo tempo dai tessitori che devono realizzare l’arazzo. Oltre alla dimensione l’opera ricopre inoltre una importanza cruciale per capire le opere di Goya: è in questo disegno, infatti, che per la prima volta l’artista si avvicina al mondo degli emarginati, dei mendicanti e degli infermi, temi che gli saranno cari in altre opere.

Da questa importante opera Goya inizia un percorso personale che lo porta a divergere in maniera netta dai suoi contemporanei, proponendo temi che lo accompagneranno poi in quasi tutti i suoi dipinti: le ingiustizie sociali, le morti violente, scene raccapriccianti e l’interesse per i criminali, temi che porteranno alla luce un lato di Goya che fa quasi da contraltare alle splendide, luminose visioni realizzate per gli arazzi .

L’anno successivo segna un’altra fondamentale tappa nel camino artistico di Goya: la “Real Fabrica” viene chiusa: la guerra con l’Inghilterra ha prosciugato le casse reali, che non possono più affrontare spese di questo tipo. È un duro colpo per Goya, che si trova senza più possibilità di liberare le proprie ispirazioni, ma nuovamente gli viene in aiuto il cognato, che gli permette di affiancarlo nella decorazione della cattedrale di Saragozza. Questa nuova possibilità non viene però vista positivamente da Francisco, il quale dopo essersi visto preferire il cognato per la decorazione della cappella principale dedicata alla “Vergine del Pilar” accusa i committenti di pagarlo troppo poco. Poco a poco i rapporti tra i due si deteriorano e Goya si dice stufo di essere considerato solo un protetto di Bayeu, reclamando la propria indipendenza. A questo proposito richiama in causa i committenti, che però si rifiutano di appoggiarlo come artista autonomo, e dopo mesi di litigi interviene l’Accademia Reale, che propone ai due pittori un nuovo, importante lavoro per la chiesa di “San Francisco el Grande” a Madrid.

Sebbene l’episodio del litigio venga presto accantonato e dimenticato, il clamore suscitato provoca un grande interesse attorno alla figura di Goya, e durante la lavorazione alla chiesa di “San Francisco el Grande” è proprio la famiglia reale che gli commissiona una delle principali pale d’altare, innalzando l’ego del pittore, ora convintosi di non vivere più di luce riflessa, ma di poter essere considerato artista indipendente, ed impressionando favorevolmente il fratello del Re (Luis de Borbòn).

L’appoggio della famiglia Reale introduce senza dubbio Goya nella cerchia dei pittori privilegiati dall’alta società, ed in breve viene chiamato per realizzare diversi ritratti di famiglie aristocratiche, che contribuiscono alla sua ascesa.

Tra questi i più importanti furono i duchi di Osuna, conosciuti nel 1785: una famiglia ricca, colta ed appassionata di tutte le materie artistiche e scientifiche, gli Osuna possedevano la più grande biblioteca privata del Regno. Per loro Goya esegue diversi ritratti di famiglia, ma anche una serie di dipinti a tema ludico per la decorazione delle sale del loro palazzo. I duchi di Osuna rimangono affascinati dal telento di questo artista, e lo propongono come vice direttore dell’Accademia Reale, prima e pittore ufficiale di corte poi.

Dopo soli quattro anni Goya diviene pittore ufficiale della “camera del Rey”, ma la sfortuna gli gioca un nuovo, brutto tiro, e nello stesso anno scoppia la Rivoluzione Francese, i cui echi si diffondono in tutto il panorama artistico dell’Europa. In Spagna le classi più influenti vengono destituite e gli sconvolgimenti provocati vedono un rallentamento nella produzione di Goya (gli stessi duchi di Osuna perdono la loro influenza presso la casa Reale).

Solo dopo sei anni Goya sarà in grado di riprendere il proprio lavoro, ma una grave malattia lo indebolisce moltissimo, e lo rende sempre più svogliato: le sue tele perdono la spettacolarità cromatica precedente, affidandosi ad un monocromatismo spesso definito “aspro”, e gli stessi soggetti scelti fanno ormai parte di quelle classi inferiori ed emarginate che tanti anni prima lo avevano colpito. È di questo periodo la vendita delle incisioni “I Capricci” che rappresentano un’ amara satira dell’eterna miseria umana, in cui l’utilizzo di chiaro-scuri fa da base per una acuta, e mai eguagliata indagine psicologica dell’umanità.

Allo scoppio della Rivoluzione del 1820, con la fuga del Re, Goya si rifugia a Bordeaux dove morirà nel 1827.

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