Lo scrittore spagnolo Javier Sierra
Lo scrittore Javier Sierra (nato a Teruel nel 1971), si dice innamorato da sempre di tutto ciò che ha un che di misterioso. Laureato in giornalismo presso l’Università Complutense, ha fondato la rivista “Año Cero” (che si dedica all’esoterismo, all’ufologia, all’occultismo ed a tutti gli argomenti spirituali, ndr) e fu direttore di “Más allá de la ciencia”, che oltre a seguire le orme di “Año Cero”, si occupa anche di storia ed archeologia.
Oggi Javier Sierra è uno degli autori più venduti in Spagna ed all’estero: suo è il romanzo “La cena segreta” (in cui vengono raccontati i “misteri” di Leonardo, ndr), pubblicato in oltre 40 paesi, che gli ha permesso di entrare nella classifica statunitense dei 10 autori più venduti secondo il Times.
Era il 2006: oggi “Il maestro del Prado” ha spodestato (e senza mezze misure) “50 sfumature di grigio” come romanzo più venduto dell’anno, e non sembra volersi fermare a questo. Il libro racconta la storia di un apprendista scrittore e del suo maestro, che gli insegna a guardare “oltre” le tele esposte al Museo del Prado, carpendone i segreti ed i messaggi occulti. La novità del romanzo sta in questo: leggendolo come romanzo si imparano tantissime cose su quadri ed autori tra i più famosi al mondo.
“La cena segreta” fu, nel 2006, il primo romanzo spagnolo della storia ad entrare tra i 10 libri più venduti negli Stati Uniti. Come si sente oggi, sapendo che il suo nuovo romanzo (da cui, tra l”altro si impara!) ha superato un best seller come “50 sfumature d grigio “?
Il sentimento più forte è la speranza per il mondo letterario. “50 sfumature” è un libro che si sviluppa su istinti primordiali, basici..c’era bisogno di tornare ad una letteratura più elevata, che riportasse lo spirito a connettersi con qualcosa di più sublime.
Nel libro si racconta come, per esempio, dipingere lo sguardo di uno strabico sottintendesse la conoscenza dei “mondi sottili”… cos’altro ci nascondono i dipinti dei grandi autori?
“Il maestro del Prado” ci ricorda che l’arte non è mai stata qualcosa di puramente estetico, ma che c’è sempre un proposito più trascendentale, un significato che va “oltre” ciò che è dipinto. L’arte in questo senso nacque tra la Spagna e la Francia 35.000 anni fa, con l’intento (chiamiamolo sciamanico, magico…) di spiegarci e raccontarci gli “altri mondi”. E secondo me questo non va dimenticato.
Ci dia qualche chiave di lettura, qualcosa cui possiamo prestare attenzione la prossima volta che ci rechiamo in un museo come il Prado.
Prima di tutto bisogna seguire lo sguardo della figura principale: cosa o chi sta guardando? Se ci troviamo di fronte ad un quadro religioso, dovremmo essere in grado di capire se la scena rappresentata è tratta dall’Antico o dal Nuovo Testamento, e nel caso fosse una scena con personaggi religiosi, ma che non compare nella Bibbia…ci troviamo di fronte ad un messaggio in codice. È altrettanto importante sapere che se un personaggio (religioso o meno) è rappresentato più volte, l”autore ci sta raccontando una storia, come fosse un fumetto moderno…
Quindi non è necessario essere esperti d’arte?
Certamente no ! Una massima fondamentale è che non è necessario essere laureati in Storia dell”Arte per godere dell’Arte in sè. La maggior parte dei quadri del Prado, per esempio, non furono dipinti per essere esposti in un museo: avevano funzioni ben diverse; e gli autori non hanno mai dipinto per critici d’arte…semplicemente perchè all’epoca non esistevano. Il loro scopo era creare un impatto emotivo in chi osservava il quadro: dobbiamo dare all’opera il tempo di trasmettercelo, levarci dalla mente tutto ciò che di quell’opera sappiamo, prendere tempo, ammirarla, e lasciare che si lasci raccontare.
“Il Giardino delle Delizie” (1480: definito il capolavoro di Hieronymus Bosch per complessità e ricchezza di significati simbolici, ndr), è forse una delle opere più spettacolari del Prado, ed è anche quella cui ha dedicato maggior tempo, no?
Si: si tratta di un’opera ricchissima, un quadro complesso, in cui se ne potrebbero isolare molti altri, ed in effetti ogni volta che lo guardo scopro qualcosa di nuovo. La gente deve tornare a visitare i musei, ma con occhi ed intenzioni nuove, non come quando va al supermercato e si trova di fronte file e file di prodotti…il bello è avere l’intenzione, cercare dentro di sè il perchè si va a visitare un museo, cos’è che ci aspettiamo, cosa vogliamo trovarci.
Esiste il libro “L”Apocalipsis Nova”, o si tratta di un Necronomicon (in puro stile Lovecraft, il Necronomicon è un libro di magia nera, redatto da uno scrittore arabo, cui Lovecraft fa continui riferimenti, ma che in realtà non è mai esistito, ndr) ?
No, no…esiste: è conservato nel Monastero dell’Escorial. Cerco sempre nei miei libri di dare riferimenti certi ed accessibili, in modo che chi li legge possa anche avere un”idea dell”ambiente culturale del tempo. È qualcosa che ho imparato da “Il nome della rosa” di Umberto Eco: il mio romanzo non voleva essere un inventario, un catalogo, ma un invito a scoprire l’Arte (ed in particolare cosa ci racconta un quadro) con occhi nuovi.
Ci sono però anche quadri che sono semplici ritratti, o paesaggi di caccia…
Certo. Sono in realtà poche le opere cariche di mistero, di simbolismo. Nel romanzo il “maestro” racconta all’apprendista di come, nel Prado ad esempio ce ne siano sono 100, tra le circa 8000 esposte o conservate.
Certo il lavoro di documentazione e ricerca per questo romanzo dev’essere stato lunghissimo…
Si lo è stato…però lo iniziai tanto tempo fa, quando ancora lavoravo a “La cena segreta”. Partii dal fatto che l’ “Apocalipsis Nova”, che già appare in quel romanzo, influenzò moltissimo Leonardo quando dipinse “La Vergine delle Rocce”… e da lì partì la mia curiosità verso altre opere ed altri autori.
C’è un po’ la credenza che dall’impressionismo ad oggi, l’arte pittorica abbia perso la capacità di trasmettere come un tempo. È vero?
Si potrebbe dire che le avanguardie cercarono di “uccidere” lo spirito dell’Arte. Ci si preoccupava soprattuto della forma, dell’aspetto esteriore, di scomporre la realtà per liberarla da discorsi che si credevano ormai obsoleti. Sicuramente gli avanguardisti non avevano visitato le Grotte di Altamira (in cui si trovano pitture rupestri risalenti a 18.500 ani fa, ndr), e quindi non avevano capito che l’Arte nasce sempre con l’intenzione di stimolare l”anima, lo spirito. Questo è stato, secondo me, il fallimento delle avanguardie…anche se non tutti i suoi autori furono così.
Per esempio?
Picasso. Visitò Altamira ed i siti archeologici di Jaen alla ricerca delle origini dell”Arte. Se si pensa al tempo cui fanno riferimento ne capiamo l’importanza: si tratta di epoche in cui non esisteva nulla, in cui l’ homo sapiens, dal nulla, crea figure bidimensionali che l’uomo di neanderhal non concepisce. Tempi in cui si inziano a celebrare riti funebri, si organizzano i clan, le famiglie…Picasso lo comprese.
Quanto c’è di realtà e quanto di fantasia in “Il maestro del Prado”?
Se ci trovassimo negli Stati Uniti questo romanzo non verrebbe etichettato nè come fiction, nè come non-fiction, ma come faction: basato su fatti reali. È un romanzo attraverso il quale mi piacerebbe trasmettere l’idea del mito di un grande museo come è in effetti il Prado.