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Muore il grande scrittore e umanista spagnolo: Jorge Semprún

letteratura spagnola

Muore Jorge Semprún, grande scrittore e umanista

“Sono sicuro che la mia morte mi ricorderà qualcosa” (Roland Dubillard). Così scriveva Jorge Semprún una decina di anni fa sul frontespizio del suo libro Vivrò con il suo nome. Morirà con il mio. Questa citazione di Dubillard – una delle molte accuratamente scelte dal letterato spagnolo per i suoi libri – fu apposta nel frontespizio del romanzo dedicato alla lotta contro il nazismo.

La frase suona come un testamento intellettuale ante litteram del grande scrittore spagnolo, recentemente scomparso a Parigi (7 giugno 2011). Intellettuale d’eccezione, scrittore di primo piano, Semprúm era un grande umanista, un militante, un raffinato uomo politico, uno sceneggiatore … ma era, soprattutto, il deportato a Buchenwald n. 44.904.

Con lui se ne va un altro pezzo di memoria vivente dell’orrore dei campi di sterminio nazisti.

Nato a Madrid il 10 dicembre del 1923, emigrò presto con la famiglia a causa della Guerra Civile, prima all’Haja, poi a Parigi, dove nel 1939 lo sorprese la Seconda Guerra Mondiale. La sua vita fu sempre alterna tre le due patrie: la Spagna, quella della nascita, e la Francia, terra d’adozione. L’adolescente Semprúm frequentò le scuole della Republique e fu forse grazie a questa iniziazione che arrivò a scrivere fluentemente e indifferentemente sia nella lingua di Cervantes, che di Rabelais.

Basta leggere i suoi testi in modo cronologico e vi si trovano tutti i momenti chiave della vita dello scrittore bilingue: l’Adolescenza nell’esilio della guerra (Adios, luz de Verano…); la resistenza antinazista e Buchenwald (Il Grande Viaggio, La scrittura o la vita, Aquel domingo); la militanza e l’espulsione dal partito comunista (Autobiografia di Federico Sánchez); il suo impegno come Ministro della Cultura nella seconda legislatura di Felipe González (Federico Sánchez se despide de ustedes).

Fu l’entrata nel Partito Comunista Spagnolo nel ’42 che lo fece individuare come resistente antinazista e gli costò arresto, tortura e deportazione nel lager di Buchenwald. Si salvò. E quest’esperienza fu riversata, negli anni, in molti dei suoi libri. La parentesi della militanza comunista si conclude tragicamente quando nel 1964 viene espulso dal partito. Federico Sánchez – protagonista del testo omonimo e suo nome di battaglia nella clandestinità durante la lotta al Franchismo – viene cacciato per la sua discrepanza con la linea ufficiale.

L’esperienza come Ministro della Cultura tra il 1988 e il 1991, gli ultimi passi nel mondo della politica, sono raccontati nei due testi con Sánchez protagonista.

Autore di copioni cinematografici per registi come Alain Resnais (la guerra è finita) o Costa Gavras (La confessione), scrisse la maggior parte della sua opera in francese e visse per lunghi periodi, fino alla sua morte, a Parigi. Ma mantenne il passaporto spagnolo.

“Il francese di Spagna”, dicevano di lui i Francesi. Il suo destino di scrittore europeo lo tenne, però, lontano da prestigiosi riconoscimenti: non fu mai insignito del premio Cervantes perché non scriveva abbastanza in spagnolo e non poté essere ammesso nella prestigiosissima Académie Française, perché non aveva abbandonato la nazionalità spagnola (ma fu ammesso alla Goncourt).

Il deportato n.44.404 tornò a Buchenwald nell’aprile del 2011, in occasione del 65º anniversario del Lager. Alcuni anni prima, in un’intervista al quotidiano El País, aveva dichiarato all’intervistatore (traduzione dallo spagnolo):

“Sa qual è la cosa più importante di essere passato per il campo? Sa qual è la cosa più importante, la più terribile, l’unica che non si possa spiegare? È l’odore della carne bruciata (…) Io ho dentro la testa, vivo, l’odore più importante di un campo di concentramento. Non posso spiegarlo. Quest’odore se ne andrà con me come già se n’è andato con altri”.

Jorge Semprún è stato inumato in Francia (Seine-et-Marne) – domenica 12 giugno – avvolto nella bandiera spagnola. La cerimonia si è svolta nell’intimità, alla presenza di una cerchia di famigliari e amici e dell’antico capo del governo spagnolo, il socialista Felipe González.

Di Paola Grieco

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