Ecco come Silvana Di Liberto ha trovato il successo
Silvana Di Liberto, cantante Monrealese di 38 anni, vive all’estero da circa 15 anni e, attualmente, risiede ad Ayamonte, assieme al suo compagno.
Ayamonte è un delizioso paesino andaluso al confine con il Portogallo. Questa posizione strategica permette a Silvana di spaziare in ben 3 paesi con la sua band (Miguel Dias, chitarra e Jorge Guedes, batteria): Spagna e Portogallo con puntate in Italia.
Pochi i connazionali che vivono in quella zona, mentre un’importante colonia britannica permette alla nostra connazionale di essere in contatto con la lingua di Shakespeare: imparare l’inglese uno dei primi obiettivi di Silvana.
Poco più in là, appena oltrepassata la frontiera, vivono frotte di pensionati, tra i quali un nutrito gruppo di Italiani, che hanno scelto il Portogallo per i vantaggi climatici e fiscali.
In Spagna Silvana ha avuto le opportunità che l’Italia non le ha offerto: “sfortunatamente”, aggiunge lei.
La cantante italiana è, recentemente, salita alla ribalta delle pagine nazionali spagnole, e in particolare del quotidiano La Vanguarda, per aver cantato in italiano l’inno di resistenza spagnolo al Covid-19, che veniva cantato durante il lockdown da tutti i balconi di Spagna: Resistiré (Resistirò in italiano) del gruppo Dúo Dínamico.
Incuriositi dalla bravura della connazionale e da questa circostanza eccezionale, abbiamo incontrato Silvana per proporvi l’esperienza di un’artista italiana che ha deciso di vivere all’estero.
“Tratta gli altri come vorresti essere trattato tu”: questo uno dei valori di base che hanno consentito a Silvana Di liberto di essere la persona che è oggi.
T. Silvana parlaci di te e del tuo percorso di vita e lavoro
SSl. Vengo da un piccolo paese della Sicilia, Monreale. Mi sono esibita in Italia come cantante in diversi hotel e resort di località turistiche, traghetti esclusivi con pochi passeggeri, gala, cene, inaugurazioni, congressi, mostre, conferenze, sfilate di moda, feste di piazza e private e, soprattutto, matrimoni.
T. Come e quando è nata la tua voglia di cambiare vita e lasciare l’Italia?
SS.l Ho avuto da sempre voglia di evadere e per questo motivo, nel mio intorno, sono stata vista come un’extraterrestre. Fino a quando, in un viaggio, ho conosciuto la mia anima gemella che, fino a oggi, condivide i miei stessi principi e valori. Insieme abbiamo deciso di lasciare i nostri rispettivi paesi per vivere la vita come volevamo noi.
Ho un ricordo da bambina: giocando con un globo del mondo e chiudendo gli occhi, il mio dito finiva spesso tra la Spagna e il Portogallo. Ed eccomi qui!
T. Sappiamo che non sei andata a vivere direttamente ad Ayamonte, in Spagna. Spiegaci il percorso che ti ha portato in giro per l’Europa.
SSl. Ho vissuto a Londra, pensando di restarci a lungo per imparare l’Inglese. Nel giro di 2 mesi, poiché quella città grigia non faceva per me, il mio compagno mi propose la Spagna e così ci siamo rimessi in gioco, senza “rumbo” .
Sono stata in molte città della Spagna, grazie al mio lavoro. Ho vissuto per 13 anni a Barcellona, con un breve ritorno in Italia. Da un anno e mezzo vivo ad Ayamonte (in Andalusia), alla frontiera con il Portogallo, dove ero già stata in precedenza.
T. Descrivi in breve il posto dove vivi. Perché l’hai scelto alla fine del tuo “pellegrinaggio”?
Ayamonte è un paradiso: c’è sicurezza, un’alta e semplice qualità di vita; ottimi prodotti alimentari; gli affitti sono molto economici. Attività di solito care, come il Golf, sono alla portata di tutti.
Inoltre, il clima è sempre ottimo, le giornate estive sono lunghissime e l’oceano ha mille colori. In principio, essendo il mio compagno francese con padre portoghese, volevamo stabilirci nell’Algarve. Sfortunatamente, gli affitti erano molto alti ma ci siamo accorti che questo paesino spagnolo distava soltanto 2 km dalla frontiera portoghese.
E’ un vantaggio per tutti: attraversiamo un ponte e in poco tempo siamo già in un’altra dimensione.
T. Com’è la relazione con i locali? Esiste una comunità italiana?
SS.l I locali sono molto ospitali, autentici e, una volta imparato lo spagnolo, ti considerano una di loro. Qui, c’è un’importante colonia britannica che mi permette di essere in contatto con la lingua di Shakespeare e ci sono pochi connazionali.
Invece, passata la frontiera è strapieno di pensionati che vivono in Portogallo, oltreché per il clima, per i vantaggi fiscali. Tra questi, molti italiani e, in tempi “normali”, organizzano feste per la comunità made in Italy.
T. Quali sono state le tue difficoltà nel poter esercitare la tua professione di artista in un paese che non è il tuo? Bravura a parte, come ti sei mossa?
SSl. Non ho mai trovato ostacoli, al contrario! Appena arrivata a Barcellona, senza parlare lo spagnolo, ho avuto la fortuna di essere contrattata per lavorare in un traghetto con destino Maiorca, Ibiza e Minorca. Sono rimasta a bordo solo 1 mese per via del mal di mare.
Attraverso varie agenzie, invece, ho lavorato in Hotel e navi da crociera, con contratti dai 3 ai 4 mesi e con un pubblico di tutte le nazionalità.
Quando ritornavo a terra, cambiavo di occupazione, mentre i fine settimana mi esibivo con delle orchestre aggiungendo al mio repertorio: paso doble, boleros, son, rumba, cumbia, sevillana, merengue, salsa, reggaeton, cha cha, beguine, foxtrot, ecc. ecc.
Inoltre, studiavo musica jazz e, pur essendo giovanissima, ho potuto avere un bagaglio musicale incredibile. Nel giro di 3 anni, mi arrivò una proposta molto interessante: iniziare a cantare in festival in tutto il mondo.
Questa, però, fu la goccia che fece traboccare il vaso: il mio compagno non era felice al riguardo e mi ritrovai a scegliere tra l’amore e la musica.
Così, accettai un lavoro “normale”. Poco tempo dopo, scoppiò la crisi del 2008 e i tempi difficili non mi permisero di cambiare lavoro. Vista la situazione, decisi di restate ma furono i sette anni più malinconici della mia vita: un lavoro tedioso, un ritmo di vita completamente ribaltato, un intorno sociale che non era il mio. Gli unici momenti di svago erano le serate del sabato sera durante le quali potevo esibirmi.
Negli ultimi anni, riuscii persino a entrare in un circolo di gente importante, dove cantavo il ritmo che adoravo: il Jazz. A un certo punto, un problema di salute mi stravolse la vita e mi costrinse ad allontanarmi dalla musica per un po’ . Avevo bisogno di un cambiamento radicale.
T. Credi che essere cantante in Spagna – o lavorare nel settore artistico in generale – sia più facile che in Italia?
SSl. Sfortunatamente, il mio paese non mi ha mai dato un’opportunità. Forse, il mio mestiere è sempre stato troppo incentrato centrato nell’aspetto fisico piuttosto che sulla voce e su altre qualità. Con il tempo queste considerazioni mi hanno portata a mollare tutto.
In Spagna, invece, mi sento un’artista, anche se, evidentemente, non posso piacere a tutti.
T. Sei molto impegnata a far rivivere alcuni classici italiani, come le canzoni di Luigi Tenco. A che cosa è dovuta questa scelta? Qual è il resto del tuo repertorio?
Questo è successo perché Michele Piacentini, portavoce della famiglia di Luigi Tenco, mi ha proposto di poter interpretare un brano dell’artista, per farlo ricordare alla Spagna. Onorata per la richiesta, ho subito accettato.
Per quanto riguarda il resto del repertorio, il mio timbro di voce mi permette, grazie alle differenti esperienze, di potere interpretare i brani in una maniera versatile.
Principalmente canto jazz, blues, soul, bossa nova, samba, swing, son. bolero, funky, reggae, rock. Gli anni ’70 e ’80, naturalmente, non possono mancare, così come gli evergreen italiani e francesi.
T. Sappiamo che durante la Crisi del Covid sei stata segnalata da alcuni
giornali spagnoli per aver creato una versione Italiana di Resistiré
Che cosa ha significato per te questa canzone in quel momento? E come ti spieghi questa grande risonanza nella stampa nazionale spagnola?
SSl. E’ stato devastante vedere i miei connazionali e, subito dopo il mio secondo paese, cadere in questa terribile tragedia che ancora oggi persiste. Per me è stato il modo di entrare in connessione con gente che non conoscevo e dare un po’ di speranza e forza per poter lottare contro questo maledetto virus. Resistiré è stata la canzone più gettonata, cantata, tradotta e ricercata in Youtube, quindi sarà stato per questo.
T. Il Covid ha dato una grande botta d’arresto a tutto il mondo, colpendo in particolar modo il settore dell’arte e della cultura. Come riesce a sopravvivere un’artista in questo momento tanto difficile? Il governo spagnolo sostiene in qualche modo l’arte e la cultura?
SSl. Francamente, non credo che si possa sopravvivere a lungo, perché questa crisi sanitaria si sta trasformando pian piano in economica. Sarà molto difficile sormontare i danni che la pandemia sta facendo alla società.
Credo che nessun paese adesso possa dare priorità alla cultura, all’arte e alla musica, per il semplice motivo che le priorità sono altrove: aiutare chi ha grandi difficoltà economiche nell’affrontare la quotidianità.
T. Che cosa è cambiato rispetto all’era pre Covid? Come funzionano ora i concerti dal vivo in Spagna, quali precauzioni vengono prese e come ti prepari tu?
Sll. Spagna e’ sinonimo di: fiesta, música y vida… Indossare la mascherina dentro e fuori e distanziarsi è come tagliare la testa al toro, un animale simbolico, rappresentativo di questo paese.
Per quanto riguarda i concerti live, prima c’era il contatto e la sintonia con il pubblico, invece, al momento, sento solo un vuoto e una parete che divide. Questo, in sintesi quello che io percepisco.
T. Che cosa “ti manca” dell’Italia e “che cosa non ti manca”, sia nella tua vita professionale che quotidiana?
SSl. Resterò, come dice la canzone di Toto Cutugno, “un’italiana vera”, perché amo il mio paese e lo porto nel cuore. Quando sei fuori, osservi quello che gli altri da dentro non vogliono vedere. Sono rimpatriata, per volere della mia famiglia e sono rimasta a casa per sette mesi.
Quello che ho potuto notare, dopo tanti anni di assenza, è che l’unica differenza tra prima e dopo sono i telefoni e le macchine moderne. Secondo me, L’Italia resterà un paese nostalgico del suo passato, privo d’idee e d’innovazione, un paese che cade a pezzi, dal quale molta gente fugge a malincuore.
Con tutto il potenziale che avevamo, e che adesso vendiamo alla concorrenza straniera, abbiamo dimenticato quello che hanno fatto per noi i nostri grandi imprenditori del passato: regalare un futuro che ora, però, non esiste più.
T. Che cosa ti ha apportato questa esperienza di vita. Come ti ha cambiata?
SSl. Sono molto più sicura di me e non vado dietro alla gente come in passato, non bado più all’apparenza (almeno quando sono fuori dal palcoscenico) e mi accontento di quello che ho. Ho imparato a non farmi influenzare e vivere la vita a modo mio, senza mai preoccuparmi di quello che diranno gli altri.
Quando il mondo mi è caduto addosso, ho imparato a non “disturbare” nessuno. In questo modo si cresce a vista d’occhio.
Da un punto di vista culturale, la possibilità di aver conosciuto persone di diverse nazionalità e livello sociale mi ha molto arricchita, qua
T. Che consigli puoi dare ai nostri lettori che, come te, decidono di affrontare questo percorso, magari in un settore affine? Come prepararsi?
SSl. Innanzitutto, seguire alcuni semplici principi di base: dire sempre con educazione quello che si pensa se viene chiesto; avere empatia con le altre persone e, soprattutto, trattare gli altri come si vorrebbe essere trattati.
In secondo luogo, prima di partire si deve capire che non si tratta di una vacanza. Si è confrontati a un altro genere di vita e si ricomincia tutto da capo. Per guadagnare tempo, consiglio di avere almeno qualche nozione della lingua e, se si può, di passare almeno un mese nel posto dove si ha intenzione di trasferirsi.
Non sognate un’ideale che non troverete perché siete voi che dovrete adattarvi all’intorno e non viceversa.
T. E infine: parlaci dei tuoi progetti futuri. Pensi che resterai in Spagna? Come e dove ti vedi tra 10 anni?
Questo lo deciderà il corso della vita. Però ho un desiderio: spero di continuare a vivere vicino all’oceano… Mi dà una forza e una serenità incredibili.
Ka Minante/Redazione