Sicilia: le tracce spagnole sull’isola
La Sicilia nel corso dei millenni è stata soggetta a diverse dominazioni che hanno segnato indubbiamente l’architettura e il paesaggio dell’isola. Il perché di tanto interesse è da ricercare nell’indubbia posizione strategica della Sicilia, vista la vicinanza all’Africa e all’Asia, senza considerare l’ottimo clima che la caratterizza e le tantissime risorse naturali a disposizione.
In Sicilia il Vice-regno spagnolo iniziò il 23 gennaio 1516, con l’ascesa al trono di Spagna di Carlo V, e si concluse il 10 giugno 1713, con la firma della pace di Utrecht, che sancì il passaggio dell’isola da Filippo V a Vittorio Amedeo II di Savoia. In questi anni si ebbe un forte rinnovamento della struttura sociale cittadina anche con una classe di funzionari e commercianti che si affianca alla nobiltà costruendo palazzi e cappelle gentilizie, rivoluzionando il concetto d’arte povera siciliana. Se volete ammirare questi monumenti spagnoli in Sicilia, le opportunità non mancano di certo, visti i tantissimi treni e voli aerei per Catania, Messina e Palermo.
A Palermo i Quattro Canti vennero realizzati nel 1608 per esigenze di controllo e dominazione da parte dei Vicerè. E’ costituito da quattro cantoni cherappresentano 4 ordini, composti a loro volta da 4 fontane che rappresentano i fiumi che una volta attraversavano la città (Oreto, Kemonia, Pannaria e Papireto), 4 statue simboleggianti i vicerè spagnoli e 4 statue che raffigurano le sante palermitane.
Se vi trovate ad Augusta, recatevi alla Porta Spagnola, uno dei monumenti simbolo della città. Venne realizzato nel 1681 dall’ingegnere Grunembergh su ordine del vicerè Benavides, conte di Santo Stefano. Nonostante le diverse modifiche che hanno riguardato la parte inferiore, quella superiore è rimasta intatta e qui spiccano due rampanti grifoni che sorreggono la cornice con la corona di Carlo II di Spagna.
Le influenze spagnole in Sicilia sono poi facilmente riscontrabili anche dal punto di vista linguistico, viste le similitudini tra parole e modi di dire presenti tra spagnolo, catalano, siciliano e italiano. Per esempio, sono peculiari di alcune parlate siciliane le terminazioni verbali dell’imperfetto (-Ía, come in dicÍa, facÍa) e del condizionale (-Ía, es: dirÍa, farÍa). Infine, sopravvivono degli autentici “relitti” linguistici, come l’esclamazione “Váia” che, anche se estranea alle strutture esistenti della lingua, viene utilizzata comunemente.